Autoritratto. Accenno.

Lacan teorizza che tra i 6 e i 18 mesi di vita, l’individuo allo specchio riconosce l’immagine speculare come propria e vi si identifica.

Il passaggio invece di identificazione attraverso la fotografia avviene in età molto più adulta, aggiungo io, e in alcuni casi può non avvenire mai.

C’è un estraneo nelle immagini che ci ritraggono che esige considerazione per essere accettato quale rappresentante bidimensionale non più speculare ma dalla asimmetria invertita al quale non siamo abituati fin dalla prima infanzia.

Chi è?

foto: Dalla serie Script , 2004 . Studio per autoritratto.

L’autoritratto è per me un tentativo eroico e paradossale (poiché si avvale di un doppio) di rispondere a questa domanda.

Lo specchio non spoglia ciò che vediamo dell’ “immagine interiore” che abbiamo di noi stessi , qualunque essa sia (lusinghiera, malevola,veritiera) , ma la integriamo e ci restituisce un insieme , nella maggioranza dei casi, accettabile.

La fotografia invece mostra di noi stessi parti invisibili, espressioni che sfuggono al controllo e che sono più direttamente collegate con il nostro inconscio…. L’Ombra junghiana fa capolino , scoprirla è un operazione non così scontata, forse non del tutto piacevole, ma sicuramente introspettiva.

Essere parte attiva nella creazione di questa immagine ci rende diretti operanti, ci da il controllo su quell’ “io passivo” con cui probabilmente ci riconcilieremo ad elaborazione compiuta.

Il senso di estraneità davanti alle fotografie che ci ritraggono ha più possibilità di sciogliersi per giungere ad una accettazione, integrazione intima di quella parte di noi rivelatasi.

Non dobbiamo per forza piacerci , ne tantomeno piacere ; è più una presa di coscienza, una via per conoscersi partendo dall’aspetto esteriore (che tanto esteriore non è) .

#autoritratto #doppio #specchio